Nel presentarci il suo assignment numero 4, il professore ci ha consigliato di tentare una riflessione “di pancia”, esule da virtuosismi ed attenzioni tipicamente scolastiche.
Credo che in questo modo ci abbia lanciato una bella sfida e che egli stesso sappia che non è facile per uno studente italiano uscire dagli schemi che la scuola ci ha impiantato in testa. Ma la sfida rende tutto più interessante, difficile, stimolante, quindi non mi resta che provarci. Spero professore, che mi indichi lei stesso se ci sarò riuscito, dove ci sarò riuscito e chi tra noi due abbia vinto questa “sfida” :)
Voglio partire dai commenti lasciati da tanti studenti e non. Non è passato inosservato il tanto pessimismo che è uscito fuori, moderato solamente da qualche inguaribile ottimista. Questo mi ha fatto innanzitutto riflettere su che tipo di persona sono. Da che parte pende la bilancia dei miei pensieri? Una persona vedendomi e leggendo quello che scrivo mi catalogherà come ottimista o pessimista?
Ragioniamoci su. Una cosa che amo della casa in cui vivo è la luminosità e la continua presenza di specchi. Credo sia sempre una cosa positiva potersi guardare allo specchio da vari punti di vista e ogni volta si vuole. Lei professore, parlava di come le hanno insegnato che è necessario imparare a parlare con le piante poiché danno segni dei loro bisogni. Anche imparare a comunicare col proprio corpo è importante e gli specchi mi aiutano in questo. Ad esempio posso notare un po’ di “borse” sotto gli occhi e capisco che ho bisogno di riposo. Insomma sulle prime lo specchio sembra riflettere un me stesso solare, vivace, allegro, ben disposto verso il mondo. Eppure molte volte tendo a vedere il peggio in ciò che mi circonda. Possibile causa? Magari l’istruzione.
Giacomo Leopardi diceva che l’ignoranza è la maggior sorgente di felicità e pure Giordano Bruno suggeriva che essa fosse madre della felicità e beatitudine sensuale. Purtroppo non posso che essere d’accordo. Non fraintendetemi, non vorrei mai essere vuoto come una zucca, anzi sono fiero delle mie conoscenze e so che esse rendono fiere le persone che mi sono vicine. Certamente come ogni cosa ha i suoi svantaggi. Uno di questi sicuramente è il non poter far finta che alcune poche non esistano, cosa che invece l’ignoranza ti permette alla perfezione! Resta comunque improduttivo far finta di nulla. Ignorare dunque non serve, lamentarsi neppure, auto convincersi che tutto vada per il verso giusto nemmeno. Ebbene? Ebbene Aristotele ci aveva azzeccato di nuovo insegnandoci a ricercare il “giusto mezzo”. Non mi ritengo così saggio (troppi pochi anni e nemmeno un po’ di lunga e folta barba bianca! XD ) da applicare questa filosofia. L’impulsività e l’umore condizionano notevolmente. Tutto questo per dire che le riflessioni che sto per affrontare sono sicuro mi porteranno a tendere verso un tono polemico e scettico (come molti altri), altre volte verso un entusiasmo contagioso, ma non voglio restare imprigionato in un rigido schema pessimista-ottimista. Trai due scelgo di stare nel mezzo: un ottimista ignora i problemi, un pessimista ci affoga dentro; no meglio “rubare” da entrambi :)
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